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Enrico Forte in versione pokerista (immagine del Giornale di Latina) |
Giorni fa, si è tenuto un incontro nel quale erano presenti
nomi grossi della nomenclatura di sinistra del Partito democratico, tra i quali
Massimo Passamonti o Titta Giorgi. Protagonista di questo incontro riservato,
in una elegante serata al “Foro Appio” era Enrico Maria Forte, classe 1960 nato
a Priverno, separato e con una figlia di circa 19 anni alla quale dimostra di
essere particolarmente attaccato. Il giorno del suo successo di voti che lo ha
portato in consiglio regionale con 12.392 voti – appena 81 in più del suo
diretto rivale interno Giorgio De Marchis – dichiarava infatti alla stampa che
gli chiedeva del suo futuro: “il mio futuro? Per ora penso che festeggerò
insieme a mia figlia con una bella cena”. Una delle poche esternazioni
spontanee di questo personaggio della politica pontina molto prudente nelle
dichiarazioni. In questo incontro con il gotha della sinistra moderata della
Provincia di Latina Forte sembra abbia disegnato definitivamente la sua
traiettoria che lo spinge diretto alla corsa alle primarie del partito per poi
concorrere al posto di sindaco.

Se il senatore Moscardelli in queste elezioni
ha molto da perdere in termini di presa sul partito provinciale (può
definitivamente perdere il dominio in caso di una sconfitta della sua linea
alle primarie), Enrico Forte invece, sembra percorre un cammino obbligato che
lo conduce alla guerra. O Forte sarà capace di reperire le risorse per
contrastare Moscardelli oppure può pure dire addio alla sua carriera politica
non appena scadrà il suo mandato da consigliere regionale, quindi deve fare
“all in” e rischiare il tutto e per tutto. Per capire come, questa situazione
si sia venuta a generare è bene guardare indietro, nel passato di Forte. Fin da
ragazzino, Forte si occupava attivamente di politica. E nella politica che
conta Enrico Forte c’è dentro fin dalla prima Repubblica, assessore del sindaco
Romagnoli e poi dell’esperienza con Maurizio Mansutti. “Quella fu la mia
esperienza più esaltante – ha detto un giorno – volevamo davvero cambiare la
politica”. E di mala politica Forte parla spesso, con parole dure, quando
accusava tutti gli assessori ai servizi sociali a partire da Cirilli fino ad
arrivare ai giorni nostri, di aver utilizzato il loro ruolo per aumentare i
loro consensi “approfittando dell’incarico che li metteva a contatto con le
fasce più deboli per fare incetta di voti”. Un ruolo, quello dell’assessore,
che Forte ha conosciuto fino alla fine dell’esperienza Mansutti e su cui ha
fondato uno dei suoi argomenti sensibili. In seguito entrerà in un’altra
pubblica amministrazione, questa volta come dipendente. E sulla cultura e
l’istruzione, da allora, ha sempre puntato come “volano di sviluppo”. Un altro
momento importante della sua carriera arriva quando diventa vicepresidente
dell’Ater con Claudio Lecce presidente. Membro dei Cristianosociali, Forte
diventerà anche un battagliero segretario provinciale dei Ds. In quello stesso
periodo, Moscardelli è in forte ascesa, mentre Forte è una pedina di mezzo
ambiziosa e promettente, ma non troppo fortunata, perché non trova spazio nella
politica di prima linea. Sarebbe stato Claudio Lecce – oggi suo personalissimo
saggio, che lo appoggia sempre – a spingere Moscardelli a rimetterlo in pista
nella politica con un ruolo di coordinamento. Moscardelli accetta, ed insieme
ad altri lo fanno diventare segretario provinciale del Pd, in chiave critica
verso i vecchi compagni dei Ds, che sono in molti casi contro Moscardelli.
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Enrico Forte e Claudio Moscardelli |
E
Forte diventa un moscardelliano di ferro, moderato e capace di essere di grande
supporto. E’ sempre Moscardelli che lo candida consigliere regionale, tirando
la sua volata con molto impegno, probabilmente in chiave opposta alla
candidatura di Giorgio De Marchis. Ma già dalla campagna elettorale, Forte
cambia musica ed entra in attrito – non si sa bene perché – con Moscardelli. Ed
una volta diventato consigliere regionale i rapporti si surriscaldano
ulteriormente. Come consigliere regionale si è caratterizzato per la sua
durezza nei confronti di alcune società partecipate, come l’agenzia “Formazione
Lavoro”, che è stato uno dei suoi bersagli polemici preferiti. Ma non tutte le
partecipate sono nella sua black list, perché da consigliere regionale ha speso
ottime parole ed azioni per la “Compagnia dei Lepini”, addirittura con un
emendamento al bilancio 2014 – emendamento bocciato – che toglieva 200 mila
euro ad un progetto nell’ambito dell’università (un progetto senza futuro
secondo Forte), per farli assegnare alla partecipata lepina. Nel Pd di Latina
viene visto come l’unica alternativa a Moscardelli, e tra gli ex consiglieri
vanta diversi fedelissimi, come De Amicis, Fioravante o Porcari e, un po’ a
corrente alternata, anche la simpatia di Rosa Giancola, consigliere regionale
che a volte gli dichiara eterno amore – politicamente s’intende – ed altri
invece si ritrae. In Claudio Lecce, lo abbiamo visto, depone molta fiducia come
anche, in ambito provinciale, può contare su molti sostenitori, come si è
potuto vedere nella questione di Priverno dove veniva sfiduciato - dopo appena
un anno di governo - Delogu. La giunta
era di centrosinistra e si dice che ad organizzare tutto sia stato Enrico Forte
che ovviamente nega. Anche perché in altri sostengono che il regista occulto di
quella storia sia stato un altro che nell’entourage di Enrico Forte avrebbe un
certo peso: Antonio Sulpizi, architetto, socialista, personaggio di media grandezza nel periodo
tangentopoli, arrestato per la cosiddetta storia dell’appaltone insieme a mezza
Dc pontina (con contorno di socialisti ovviamente) che vide coinvolti politici, tecnici ed
amministratori, quasi tutti (come lo stesso Sulpizi) assolti, prescritti o patteggiati. Nel suo
caso fu prescrizione con l’obbligo però di risarcire più di 200 mila euro.
Sarebbe stato lui, secondo alcuni, il regista occulto della trama che è costata
la fascia a Delogu e che ha quasi spezzato il Partito democratico. Alla fine
Enrico Forte, visto che era in minoranza sul commissariamento del partito, ha
votato la mozione dell’arcinemico Moscardelli mentre tutti i suoi votavano contro.
“Non volevo che ci fossero perdenti in questa votazione” pare abbia detto dal
fondo della sala della riunione. . Tra Moscardelli e Forte, quindi, non esiste
un divario generazionale, né tantomeno una contesa ideologica. Esiste molto
probabilmente una rivalità quasi dettata dall’istinto di sopravvivenza. Ed
Enrico Forte deve aver capito che dopo il primo mandato da consigliere
regionale non avrebbe trovato i voti di Moscardelli a riconfermarlo. Per lui,
la campagna da sindaco, oltre che una legittima aspirazione personale, potrebbe
anche essere l’unico modo per darsi una continuità politica con il ruolo da
sindaco, oppure tirarsi la volata per alzare il prezzo politico del suo ritiro,
in una eventuale ricomposizione. O un rilancio dove si gioca tutto o un bluff
da campionato mondiale. In ogni caso, Enrico Forte deve essere pronto a
giocarsi tutto, perché a differenza di Moscardelli, sembra non avere quasi più
niente da perdere.