Provate un po’ ad immaginare l’incontenibile entusiasmo
degli elettori del Pd – quelli che, tanto per dirne una, hanno partecipato
numerosi alla festa democratica – quando apprenderanno che il grande piano di
vittoria della sponda moscardelliana è quello di ricalcare le politiche nazionali
in merito alle alleanze imbarcando Ncd.
Un Pd pontino, insomma, dai costumi e le fattezze della corte nazionale
del governo renziano. L’evoluzione della Dc vecchio stile in salsa sociale
condita a Roma da Alfano e che, in una vera slavina emotiva, arriva da
Montecitorio precipitando sulla pianura pontino con il ticket Tiero. Con un
siffatto piano è difficile immaginare che la “ola” di consensi elettorali parta
da sinistra. Enrico Tiero, una vita nel centrodestra pontino, nel pieno della
Forza Italia targata Fazzone, con il quale è entrato in attrito, da quel che si
sa, per motivi di candidature ritirate alle regionali. Infaticabile uomo di lotta e di trattativa,
capace di stare con un piede in Provincia
in polemica alleanza con il neo presidente Della Penna e del Pd e con un
altro, assessore e vice-sindaco di Giovanni Di Giorgi nel suo ultimo, comico
rimpasto. Un uomo di entropia e di calcolo, autentico scienziato del flusso di
voti locali. Al suo fianco per “supportare” il Pd locale, la giovane Patrizia
Fanti, ex assessore all’ambiente e al sociale delle giunte di Zaccheo, arrivata
fino a Di Giorgi ma defenestrata per una curiosa lite con una dirigente
comunale alla quale avrebbe cambiato la serratura di una stanza impedendo alla
funzionaria di entrare nel proprio ufficio. Più che una chiave di volta,
insomma, è una solida “serratura”, capace certamente di raccogliere dei
consensi assicurati in aree estremamente specifiche dell’elettorato, ma anche
di annichilire la sensazione di un qualsivoglia intento innovatore. Del resto,
dalla sponda moscardelliana, candidato sindaco a parte, non c’è molto da stare
allegri fronte rinnovamento, visto che la maggior parte degli esponenti del Pd
si portano almeno due mandati sulle spalle (quando sono giovani virgulti). Il
pallino fisso di Moscardelli per ora è il “candidato esterno”. Uno dei
requisiti per questo candidato sarebbe appunto quello di essere “percepito”
come esterno al partito, quindi della società civile. Cercasi uomo moderato,
che indossi gli occhiali e assomigli se non fisicamente, quantomeno
spiritualmente all’ideale moscardelliano della politica. Quasi tutti questi
requisiti sono pienamente rispettati dall’ottimo Francesco Damiani, eletto a
suo candidato ideale per le primarie. Damiani rispetta senz’altro queste
necessità alla lettera e in più, è un dirigente bancario di buon livello della
Deutsche Bank, che almeno nell’immaginario collettivo, fa pensare a qualcuno
che non avrà difficoltà a reperire fondi per la campagna elettorale. Gli
mancano due requisiti fondamentali però. In primo luogo, non è affatto un candidato “esterno” al Pd
così come viene descritto, in quanto dirigente della segreteria provinciale del
partito, moscardelliano di ferro, intimo di tutte le correnti attivate negli
anni dall’amico senatore. Inoltre,
difficilmente può a ver giocato a favore del bancario e dirigente di pallanuoto
più in voga del momento la capacità di raccogliere consenso, visto che l’ultima
volta che si è, non senza sforzi, cimentato ad ottenere il consenso degli
elettori pontini è stato con la lista “Sì per Latina”, che appoggiava
Moscardelli e nella quale Damiani era tra i candidati più quotati. Il nostro
però, purtroppo non è stato eletto, ed al suo posto è asceso in consiglio
comunale un giovane politico ecosostenibile, che in un solo mandato ha saputo
passare dalla sua lista civica , attraversando un moderatissimo percorso che lo
ha condotto fino a Fratelli d’Italia: Maurizio Patarini. Passato dalla cultura
dello “smart city” alla proclamazione del Duce come “colui che ha fatto gli
italiani”. Niente male per uno che, in uno dei suoi ultimi discorsi in
consiglio comunale, ha asserito che il Pd “è venuto a chiedermi la candidatura
solo per avere i settanta voti della mia famiglia”. Poi dicono che non ci sono
più le famiglie numerose. Per inciso,
Patarini è stato visto cenare alla festa del Pd e sembrava di ottimo
umore. Sarà stato per l’ottima cucina ma stai a vedere che tra Tieri, Fanti e
re, possiamo completare la scacchiera democratica anche con un alfiere
Patarini? I voti di famiglia possono sempre fare comodo, come è noto, mentre
l’entusiasmo degli elettori del Pd non potrà che moltiplicarsi nell’apprendere
che il vero piano non è quello di avere i voti già idealmente “fidelizzati” del
Pd, ma di ottenere quelli dei delusi di Forza Italia e dei moderati in salsa
democristiana. Una strategia di “vittoria” attenta, coraggiosa e spregiudicata,
che sembra voler sacrificare tutto sull’altare del consenso, perfino il
consenso stesso. Il tutto per ricalcare le politiche nazionali renziane come se
il contesto fosse lo stesso. A proposito, è notizia di ieri che Casini avrebbe
scaricato Berlusconi asserendo che “E’ Renzi il domani”. Udc, in cerca di
alleanze “a sinistra”. Seguono scene di giubilo.
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