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Il tribunale di Latina |
Eppure, a ben guardare, in questo
scandalo del giudice Lollo sembra che qualcosa manchi all'appello. A ben
guardare, avvocati, clienti, forze dell'ordine e normali cittadini hanno tutti
una storia di malagiustizia da raccontare. E se Lollo è la degenerazione di un
sistema, appare ovvio che è difficile che sia l'eccezione che conferma la
regola, soprattutto là dove la regola dovrebbe essere quella di una
magistratura pulita, ordinata, efficiente. Ovviamente, la maggior parte dei
giudici, degli avvocati, dei cancellieri e di coloro che operano presso il
tribunale, non sono sospettabili di avere “giri strani”. Ma vediamolo con gli
occhi di ieri, questo “impero” con tanto di sudditi, di scudieri e di nobili
che sembra abbia tirato su il giudice Lollo. Proviamo ad immaginarci solo
qualche anno fa, mentre stendevamo anche solo una sottile ombra sull'operato
del tribunale e della sezione fallimentare. Quali risposte avremmo ricevuto? E
soprattutto, che epiteti ci avrebbero indirizzato i difensori ad oltranza
dell'indipendenza della magistratura? La suddetta indipendenza, di fatto, si è
allargata a dismisura negli ultimi vent'anni grazie alla presenza di un
personaggio ingombrante come Berlusconi, che ha attaccato frontalmente i
giudici che volevano processarlo, esasperando a tal punto il dibattito politico
nazionale da rendere impossibile qualsiasi critica o controllo nei confronti dei
togati, senza che essa venga scambiato per un attacco alla loro indipendenza.
Se si unisce questo fatto - che ha come conseguenza che ad ogni livello
politico/istituzionale, solo i magistrati e i giudici e uomini di legge possano
opinare liberamente della questione Giustizia - all'incredibile ingolfamento
della macchina giustizia, che ormai ci ha reso un paese con un livello di
ingiustizia che supera quelli di molti paesi in via di sviluppo, allora si
capisce che non occorrono casi eclatanti come quelli di Lollo per capire che
molte cose possono celarsi dentro un simile marasma.
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Il giudice Lollo |
“Un giudice – diceva un
magistrato d'altri tempi -non può e non deve essere un protagonista occulto dei
cambiamenti sociali e politici. L'indipendenza del giudice non è solo nella propria
coscienza, nell'incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua
capacità di sacrificio, nella credibilità che è riuscito a conquistarsi con le
sue decisioni. L'indipendenza del giudice è anche nella sua moralità, nella
trasparenza della sua condotta dentro e fuori delle mura del suo ufficio. Solo
se un giudice realizza in sé stesso queste condizioni, la società può accettare
ch'egli abbia sugli altri un potere così grande come quello che ha”. E come può
un sistema talmente ingolfato e distante dai problemi della gente e dal loro
bisogno di giustizia, impegnato a processare un contraffattore di occhiali per
anni, in un processo con periti, testimoni, avvocati e che va avanti magari dal
2008, rispondere, con questa mole di lavoro e questi pochi mezzi ai criteri di
trasparenza che sono richiesti per esercitare un così grande potere? E quanti
piccoli e grandi “Lollo” sono sempre stati e saranno sempre attivi, protetti
dalle vesti da magistrato? Chi poteva dubitare pubblicamente della moralità e
della condotta di un giudice Lollo solo pochi anni fa? A pretendere tanto dai
giudici non era un pericoloso liberale, un radicale, un berlusconiano o un
“servo” della mafia, un “connivente” come si suol dire. Era un giudice morto
giovanissimo, un servo dello Stato che lo Stato non è riuscito a salvare dalla
vendetta della malavita. Quel magistrato era Rosario Angelo Livatino, morto il
21 settembre del 1990, pochi giorni fa era il 25 esimo anniversario della sua
morte. E' morto ammazzato a 37 anni, oggi ne avrebbe 63, e - a ben guardare -
difficilmente quello che è oggi la magistratura meriterebbe la sua
approvazione.
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