sabato 20 giugno 2015

Quando governa il Pd: Roccagorga, il monocolore più pazzo del mondo...






S
iamo in un momento di stallo politico, nel senso che Latina è in piena gestione commissariale dopo la caduta del governo di Giovanni Di Giorgi. Il Pd, ora, si deve proporre come forza alternativa di governo, mentre altre formazioni si preparano. Ci sono le liste civiche, i salviniani
Francesco Scacchetti
scatenati e quelli del Movimento a 5 Stelle che scalpitano oltre che, ovviamente, le formazioni politiche di destra che cercano un rilancio. Sarà il Pd in grado di confermarsi come “unica forza pensante della provincia” come ha asserito il suo presidente Provinciale Maurizio Mansutti? Sarà
Carla Amici, sindaco
di Roccagorga
Il Pd in grado di essere una buona alternativa di governo. Conviene vedere dove è il Pd a governare. Si veda per esempio il caso più unico che raro di Roccagorga, un piccolo comune di 4,7 mila abitanti arroccato sui monti in cui governa Carla Amici (sorella del sottosegretario Sesa Amici del Pd) in condizioni praticamente di monocolore del Partito democratico. Di fatto, però, il consiglio comunale è composto da tre liste civiche, questo perché il Pd ha autorizzato delle primarie a cui poi non ha partecipato: la prima lista, quella del sindaco, si chiama “Polis” il cui simbolo è, molto significativamente, un ramoscello d’ulivo. Poi c’è quella che si potrebbe dire “di destra” , ovvero una delle due liste di opposizione che si chiama “Domus Gorga”. Per finire, la lista guidata da Francesco Scacchetti, che del Pd è dipendente, in quanto funzionario della segreteria provinciale di cui il segretario è Salvatore La Penna (fedelissimo di Moscardelli). In tutto 13 consiglieri (compreso il presidente), quasi tutti del Pd a livello provinciale. Un piccolo comune con i gettoni di presenza da poco più di 10 euro a testa ma  un grado di litigiosità fuori da ogni canone terrestre. Polemiche roventi sul web, come quella che di recente ha visto il sindaco Amici rispondere sul web ad una intervista rilasciata da Scacchetti alla stampa con questi toni: “In una intervista Scacchetti si cimenta ancora una volta solo nell’inutilità del suo quotidiano essere opposizione a Roccagorga, e tollerato esempio di incoerenza politica nelle stanze provinciali (...) Roccagorga ha fatto una scelta, fatevene una ragione e acquisite se ne avete un po’ di decenza civica, visto che quella politica non vi appartiene”. Scacchetti risponde dalla sua pagina di Facebook: “I toni offensivi dell'ultimo post che mi dedica il Sindaco di Roccagorga, rivelano un animo troppo fragile per essere una guida politica e culturale veramente autorevole”. Il sindaco Amici risponde per le rime: “soggetti fragili sono ben altro e ben altra cosa, ma inutile perdere tempo a far capire a chi proprio non ha gli strumenti”. Il tutto è culminato nell’ennesimo consiglio comunale da psicodramma con lacrime, urla e colpi di scena assicurati che fanno divertire il pubblico di appassionati della rocca più litigiosa dei Monti Lepini. Insomma, come alternativa di governo il Pd non può certo esporre con orgoglio l’esempio del monocolore di Roccagorga. Nulla da invidiare a quelli del centrodestra, nel senso che sia a destra che a sinistra volano gli stracci da tutte le parti. La ricerca di un modello di governo, deve inevitabilmente proseguire, mentre il partito a livello provinciale è spaccato al suo interno nell'eterna disputa tra Enrico Forte e Claudio Moscardelli. Questo ultimo fa la scissione dell'atomo spaccando la sua stessa corrente tra coloro che voglio il candidato della società civile e quelli che invece vorrebbero il politico. Forte questo problema di base non ce l'ha, visto che per lui probabilmente il migliore dei candidati ha un nome preciso: Enrico Forte. Nonostante il Pd sia, secondo alcuni "l'unica forza pensante della provincia" deve ancora dimostrare di essere anche una buona alternativa di governo. 

giovedì 18 giugno 2015

Passeggiata portoghesi, genialata o "marchetta" politica?


Di Giorgi, insieme a Lorenzo Le Donne e l'ex assessore Di Rubbo durante una vecchia visita al cantiere della passeggiata Portoghesi

Uno degli ultimi atti del fu assessore Di Rubbo, è stato quello di effettuare una visita su alcuni cantieri del Plus di Latina, in particolare sulla passeggiata del portoghesi. Nonostante i suoi sforzi di scegliere una buona data, gli capitò una giornata di pioggia con cielo di piombo che ispirava tetri presagi. Forse per il tempo, ma anche perché le cose già allora non andavano benissimo, l'ex assessore si aggirava con aria poco convinta tra i cantieri inseguito da un piccolo ma battagliero stormo di fotografi e telecamere alle quali lasciava brevi ed altrettanto svogliate dichiarazioni di massima. 

Quel marmo di troppo

Alcuni tecnici si guardavano intorno, in quella striscia che è la passeggiata Portoghesi, che doveva essere il cuore del Plus, con aria insoddisfatta ed interrogativa. In particolare alcuni si soffermavano sui materiali. Il "marmo brasiliano", scelto dal Portoghesi, è un elemento assai preziosi, forse troppo, per un marciapiede. Più adatto ad una piccola passerella di Cannes, in alcune città d'Italia è stato usato. Tanto è vero che il modello scelto inizialmente dall'illustre Portoghesi è dovuto cambiare, perché la nostra fornitura è andata ad una città della riviera adriatica. Sì, perché questo materiale è proprio prezioso, costoso, e parecchio impegnativo. Addirittura c'è chi sostiene che questo materiale sia gestito da una sola ditta che possiede niente di meno che una cava in Brasile. "Se posso dire - confessava un tecnico - io avrei problemi a mettere questi materiali anche nel vialetto di una casa privata".

 Il cruccio della manutenzione

Molto meno costosi, più semplici, ma sempre bisognosi di grande manutenzione, sono le tessere del mosaico di cui i sontuosi svolazzi di cemento azzurri e bianchi di cui sono composti i pezzi forti della fontana e del cuore della passeggiata, sono interamente ricoperte. In una città dove non si riparano le buche profonde come fossati in certi punti, ecco che bisognerà trovare un mastro tesseraio armato di secchiate di tesserine e molta ma molta pazienza. Quella sulla manutenzione può sembrare una tematica oziosa, ma in realtà, tutti i lavori pubblici devono avere un particolare bilancio per la sua manutenzione ipotetica. Deve essere economicamente e logisticamente sostenibile. Ha questi criteri la passeggiata del Portoghesi? Non risulta che sia così. 

Il "cuore del Plus" da 1.200 euro al metro

Il marciapiedione da 3 milioni di euro che si snoda per circa 2,5 chilometri, praticamente costa ben 1,200 euro al metro, e praticamente, rappresenta un terzo dei fondi complessivi del Plus, che ammontano di fatto a 9 milioni. Sarà questa presunta riqualificazione, posta di fronte ad un'area che era e resta urbanizzata quasi come le favelas (tanto per restare in tema brasiliano) a  rinnovare il centro storico? Saranno gli svolazzi del portoghesi, i mosaici e il marmo brasiliano a far venire più di un terzo dei nuovi visitatori nel lungomare pontino? Ovviamente no. Tutto questo potrebbe bastare a fare di questo progetto un fiasco annunciato. Ma c'è di più. 

Ritardi, penali e scivoloni

Perché le ditte che stanno costruendo l'opera (che è ancora un cantiere, secondo alcune stime concluso al 95%) ovvero, l’associazione temporanea d’impresa costituita dal gruppo Massicci e dal geometra Bartolomeo Pellegrino, sono in un certo affanno. Per lo meno, le aziende chiedono proroghe ottenendole solo in parte. Il 10 marzo del 2014 sono partiti i 300 giorni che erano previsti per concludere l'opera. l'8 settembre le aziende, a seguito di problemi meteo e tecnici chiedono una proroga di 80 giorni. Secondo il direttore dei lavori si potrebbero accordare 71 giorni ma il Comune dice "niet". Neanche un giorno. Solo perché l'istanza era giunta a pochi giorni dal termine del cantiere e per la presentazione di dati pluviometrici, alla fine piazza del Popolo concede 53 giorni di dilazione ai lavori e la nuova data di termine lavori si fissa il 28 novembre 2014. Ormai, con la stagione alle porte, il ritardo del cantiere è diventato mostruoso, e questi ritardi si pagano con penali da addebitare alle aziende. Per ogni giorno di ritardo, dal 28 novembre 2014 ad oggi, si possono pagare da poche centinaia a ben 2000 euro al giorno. Se le penali superano il 10% dell'appalto totale, l'appalto salta.
L'architetto Paolo Portoghesi

L'artistico ed eccelso architetto

 Il suo ideatore, "Il Portoghesi", del resto, si è molto impegnato per fare di questa progettazione qualcosa di memorabile. Ottenendo un contratto da 28 mila euro per la firmare l'opera ed altri 20 come "direttore artistico del progetto". Perché la passeggiata Portoghesi di artistico ha molto, e vive di grandi emozioni che pulsano nel cuore del Plus.Per alcuni la scelta dell'architetto è un genio, e come dubitarlo vista la sua carriere. Per altri, però, è stata una scelta improvvida e sovradimensionata. Secondo l'ex sindaco Zaccheo, addirittura una vera "marchetta politica", anche se poi non ha riferito esattamente il perché. Comunque sarà la storia a dire se quella del Portoghesi sarà una "passeggiata" oppure un calvario. Per ora, le criticità non mancano. 









 


martedì 16 giugno 2015

Non fu mafia? Ma adesso non parlateci del "traffico"...

Una manifestazione di solidarietà subito dopo l'omicidio del blogger Mario Piccolino (a destra)
Si parla, proprio in queste ore dell'omicidio Piccolino. C'è una svolta nelle indagini che condurrebbe ad un imprenditore che nel 2003, aveva una causa civile riguardante un immobile (una grotta a dire il vero) e l'avvocato Piccolino era dall'altra parte. Con il caratterino che gli si attribuisce, di certo avere come avversario Piccolino in qualsiasi contesto non deve essere stato facile. In questo caso, comunque, pare che oltre al processo ci fu uno strascico personale, che si sarebbe riverberato fino ai giorni nostri, tanto che questo imprenditore avrebbe sparato un colpo in testa all'avvocato tanto odiato, sebbene quest'ultimo, come ultimo gesto, pare abbia urlato di non conoscere il suo carnefice. Ma questi, ovviamente, sono particolari delicati, che è bene siano presi al vaglio dagli ottimi inquirenti che stanno svolgendo le indagini e sono arrivati ad arrestare l'imprenditore come possibile autore dell'omicidio. E questo riguarda la Procura, riguarda gli inquirenti che evidentemente, non è vero che brancolava nel buio, come pure alcuni scrivevano dicendo "di quell'uomo non si sa nulla, ma proprio nulla". Evidentemente qualcosa si sapeva ed era bene che restasse riservata. Si sta però consumando una farsa bella e buona, tra coloro che tra le tante possibilità in campo non escludevano a priori il contesto camorristico e quegli altri che, per vari motivi (per antipatia verso Piccolino e pare non fosse del tutto ingiustificata, oppure per una certa "conoscenza" del territorio che gli permetteva di riconoscere il "metodo" della mafiosità locale in quanto evidentemente non gli è del tutto estraneo, oppure per una legittima ostilità verso le tesi di mafiosità in generale) escludevano assolutamente che c'entrasse la camorra, già molti giorni prima che si arrivasse a questa svolta. Questo era un fatto soprattutto della rete, perché nemmeno i più apertamente critici tra i cronisti locali si spingevano a tanto. Proprio nel post precedente ci si trovava a criticare l'opinione di uno storico giornalista pontino come Panigutti. Lui in effetti ha puntato sulla prudenza asserendo (ed era pur vero in parte) che c'erano alcuni che troppo in fretta urlavano al delitto di camorra. La contestazione era che, nonostante tutto, il suo ragionamento sembrava non tenere conto del contesto e, ovviamente, commetteva lo stesso errore che imputava ai frettolosi di una parte affrettandosi a dire che la camorra non c'entrava senza elementi obbiettivi. Ma il "contesto" è la chiave di tutto, e il solo motivo per il quale si parla di un fatto di cronaca nei termini appassionati che sono stati spesi per il delitto Piccolino. Nemmeno al più critico, infatti, potrà sfuggire che laddove un omicidio come quello di Piccolino fosse avvenuto a Rovigo, piuttosto che in Val d'Aosta, la reazione sarebbe stata un tantinello diversa. Su Facebook, già in queste ore, ci sono spiritosoni che arrivano ad asserire che coloro che hanno parlato di camorra, si devono vergognare "perché hanno danneggiato Formia". Addirittura c'è chi asserisce che il fatto di non aver escluso la pista camorristica in questo giallo, ha condotto ad un danno "turistico". Lo vadano a dire agli inquirenti dell'antimafia che, per scrupolo e dovere, hanno indagato nel caso. Il sud pontino, semmai viene danneggiato dalla camorra
, che ha dimostrato in più occasione di esserci, con interessi ben consolidati. Il fatto che l'omicidio di Mario Piccolino potrebbe essere scaturito in un contesto privato non solo era facilmente prevedibile agli "investigatori dell'ovvio", ma era pure auspicabile. Neppure Saviano, o le varie associazioni, che pure a volte si precipitano un po' troppo sui fatti, ha mai detto che si tratta "certamente di mafia". Ma come è stato fatto da altri, ha invitato alla prudenza e alla vigilanza, dicendo cose che come sempre sono risapute da tutti, facendo nomi e cognomi dei precedenti di violenza e criminalità del sud pontino. Speriamo che al più presto venga fatta chiarezza sul caso del blogger Piccolino e la famiglia possa trovare in questo un minimo di serenità. Ma non si abbandoni quel momento di paura che tutti hanno provato nel sapere di quel fatto in quel particolare contesto. Perché, come nel famoso film di Jhonny Stecchino, non salti fuori che è il "traffico" il solo ed unico problema da risolvere nel sud pontino.

lunedì 8 giugno 2015

Panigutti, l'investigatore dell'ovvio (pubblicato su "Il Giornale di Latina" il 7/6/15)

L'avvocato-blogger Mario Piccolino 
Nella cultura “Smart del consumismo occidentale” c’è sempre una divisione davanti ad un delitto anomalo come quello di Mario Piccolino. Ha ragione il direttore Alessandro Panigutti che ci mette doverosamente in guardia con un suo editoriale di qualche giorno fa sul quotidiano Latina Oggi: ci sono sempre quelli che parlano troppo in fretta di Camorra o di mafia. E’ pure vero che ci sono sempre quelli che, di contrasto, troppo presto spazzano via questo spettro con grande semplicità, un po’ come facevano quei vecchi esperti di vita che nei famosi delitti, con il cadavere ancora caldo e i bossoli dei proiettili a terra si affrettavano a sentenziare: “storia di corna fu”. Loro, veterani dei rumors di piazza, li conoscevano tutti i chiaroscuri di quelle vittime e a volte, ci indovinavano pure. Ha ragione Panigutti quindi, occorrono certezze, specialmente quando la vittima “sfugge alla collocazione socioculturale certa e riconoscibile”. Non si sa mai se era un “folle” o se era “troppo intelligente per essere compreso dagli altri”. In ogni caso, se non hai fatto informazione in maniera canonica, se non sei iscritto al giusto ordine professionale, se non hai la tessera di “giusto”, se non hai la giusta toga allora chi sei? Potresti anche essere uno svitato ucciso chissà per quale motivo. Poco importa se hai già subito minacce di vario genere e se un certo signor Bardellino ti ha colpito, in passato ben cinque volte in testa con un crick arrugginito. Poco importa il contesto. Se non arriva proprio uno con la lupara e la coppola o il comunicato su carta intestata dall’addetto stampa della Mafia S.p.a. c’è il rischio di fare brutta figura a dire che c’è qualcosa di sospetto. Meglio essere sicuri, certi al 100%, ha ragione Panigutti. Nella cultura “Smart del consumismo occidentale” del resto, si spacciano per inchieste le paginate fatte ricalcando il contenuto dei dischetti della Procura, specialmente nel giornalismo locale, per cui ha ragione il direttore Panigutti a bacchettare queste frettolose abitudini. Per Panigutti è troppo presto per dire l’eventuale movente del crimine – e vorremmo ben vedere, si sta ancora indagando – però non fa fatica a profetizzare che “ci sono poche speranze di sapere chi ha sparato a Piccolino. Di quell’uomo non si sa niente, ma proprio niente!”. Il fatto che uno a caso, preso da una lite personale, sia stato capace di entrare senza farsi riconoscere e sparare un colpo in testa non deve far riflettere, nossignore, "non se ne saprà niente!" Vorrà dire che ce ne faremo una ragione. Un po’ come non si è saputo più niente di certi atti intimidatori a magistrati ed avvocati, che però hanno avuto ben altro trattamento dal direttore. Anche su un caso delicato come quello di Don Cesare Boschin il direttore è illuminante. “15 anni fa – raccontava Panigutti nello stesso editoriale – il parroco 81 enne di Borgo Montello veniva ritrovato morto nella canonica, mani e piedi legati con del filo elettrico” (alcuni direbbero incaprettato, ma è meglio non usare termini imprudenti) con la morte che sarebbe sopraggiunta perché “probabilmente per urlare ed attirare l’attenzione dei vicini era rimasto soffocato con la dentiera che gli è andata di traverso”. Però qualcuno gliel’ha mandata di traverso questa dentiera e pare lo abbia fatto colpendolo con dei gran pugni in faccia. “Forse un ladro maldestro”, dice Panigutti, che si dichiara pronto a fare qualsiasi ipotesi, tutte egualmente intelligenti e credibili ci mancherebbe, ma quella del possibile movente mafioso è l’unica che lo infastidisce, e infatti dice nel suo scritto: “non sappiamo se Don Cesare abbia mai pronunciato la parola mafia o camorra nelle sue omelie né ci risulta che si sia mai schierato apertamente contro la discarica dei rifiuti, che peraltro all’epoca dei fatti dava da mangiare a più di qualche d’uno dei suoi parrocchiani”. Secondo i comitati cittadini che oggi sono parte civile nei processi per inquinamento delle falde, composto da persone che in quei posti hanno vissuto e vivono tutt’ora, a seguito di quell’omicidio gran parte del comitato dell’epoca – molto più numeroso e battagliero di quello di oggi – si è “disciolto come neve al sole”. Anche qui, nessuna certezza, ma almeno una conseguenza chiara c’è stata: quelli del comitato hanno avuto paura dopo la morte del prete. Di certo c’è che il sistema “Cerronopoli” – non la mafia e anche qui, saranno gli inquirenti a decidere - che passava anche per Latina, ha visto l’arresto di molti che furono protagonisti di quella stagione difficile e che tantissimi dubbi sono rimasti in merito a fusti e veleni. Tutti misteri irrisolti, sia chiaro e naturalmente, mai giocare con i fantasmi del passato ma anche qui, il contesto ha un suo peso.  Un’altra certezza è che le discariche continuano a dare da mangiare a molti parrocchiani “fedeli di santa romana chiesa” e dei suoi processi millenari. Umili “poveracci” ma anche avvocati, consulenti, potenti di molti settori, giornalisti quando non interi giornali e televisioni. Ha ragione Panigutti, non bisogna iscrivere nessuno nel pantheon delle vittime di mafia, ammesso che esista “prima che siano stati acquisiti ragionevoli elementi a sostegno di quell’inquadramento”. Una conclusione degna di un investigatore dell’ovvio, com’è giusto essere quando i processi vengono giudicati dagli altri e ci si limita a commentarli. E se c’è il sostegno di un comunicato stampa ufficiale, una sentenza e magari anche il sigillo della Procura, è anche meglio.