lunedì 18 gennaio 2016

Francesco Taskayali conquista Vienna e il web



Francesco Taskayali a Vienna 





Francesco tra le strade di Vienna 
Francesco Taskayali sembra una gru, uno di quei volatili grossi e goffi che si vedono lungo le sponde dei fiumi o dei laghi. Lo penso mentre camminiamo insieme in direzione delle Poste. Francesco ha un passo svelto eppure sembra camminare piano; tiene ferme le braccia lungo il corpo e sembra un po’ impalato nella sua statura da giocatore di pallavolo o di un altro di quegli sport in cui bisogna saltare molto in alto. E infatti quando lo si vede incurvarsi sul pianoforte si ha la sensazione che la sua musica arriverà energica, schiacciata, quasi imposta all’udito. E invece la maggior parte delle sue composizioni cominciano con una domanda, come se non sapessero dove andare a parare. Come se fossero nate per volare al pelo dell’acqua, radente al pensiero per poi, improvvisamente, trovare la risposta e alzarsi con la prepotenza di un bambino che gioca. Io e lui percorriamo il viale e si fa  fatica a seguirlo. In mano stringe tutto fiero alcuni compact disc. Li ordinano da ogni parte, nel mondo: dal Canada, dal Sud Africa, dal Giappone. Ma una ordinazione gli ha fatto particolarmente piacere, perché l’ordine di acquisto era accompagnato da una nota piena di complimenti, di lusinghe, di rispetto, da parte di una signora di Bologna. “E’ stata molto carina questa signora” ripete più volte e un po’ si vede che ne va fiero, un po’ si vergogna e cerca di nascondere lo sguardo dietro gli occhiali.
L'istituto italiano di cultura a Vienna 
Lo sai che faccio un concerto a Vienna?”  Mi aveva detto qualche giorno fa. Non lo avevo preso troppo sul serio. Sarà perché Francesco Taskayali è un amico, è uno che a Latina si conosce, lo conoscono tutti. Sarà perché per qualche motivo a volte ci sembra che il mondo finisca a Cisterna, altre volte che non finisca mai. Francesco è giovane, ha 24 anni, e da quando ne aveva tredici compone musica al pianoforte. Non ha avuto la rigida formazione classica del conservatorio, e non lo avevano preso troppo sul serio all’inizio. Ma con la sua musica ha girato il mondo per davvero. Concerti a Caracas, in Asia, negli Stati Uniti, in Africa. Quando ha fatto il suo primo concerto con orchestra il Maestro lo ha guardato entrare davanti a questa imponente sinfonica che attendeva di suonare la sua musica. Un esercito che per alcuni sarebbe stato un imponente plotone di esecuzione. Lui ha ricambiato lo sguardo al maestro, sollevando una mano gli ha chiesto a bassa voce: “che fa, mi dice lei il via?”. Il maestro d’orchestra, compresa l’antifona, ovvero che il ragazzo non lo avrebbe seguito per niente e che avrebbe suonato la sua musica ha solo detto: “non ti preoccupare Francesco, parti quando vuoi”. E il plotone di esecuzione si è trasformato in un esercito gregario alla ricerca dei ritmi e dei tempi dentro la testa misteriosa di questo ragazzo. E’ stato bellissimo, come è bellissima la sua musica delicata, a volte, imponente in altre. Il concerto di Vienna è andato bene, c’erano più di 200 persone nella sala del centro culturale italiano. Lui mezzo turco, da tempo porta bene i colori dell’Italia nel mondo e poi torna qui, nella città di Latina che un po’ lo ha adottato, un po’ non lo comprende, come in fondo nessuno può comprendere se non ascoltandone le note. “Addio al Terminal” per esempio, una delle sue opere meglio riuscite, ha dolore dentro, come la sofferenza di chi parte e, anche se sa che tornerà, si fa cullare da quel tenue dolore che si prova sempre nell’andare via. Mentre firma il CD per la signora di Bologna sul bancone delle poste Francesco mi dice (per l’ennesima volta) di aver superato i 20 mila fan su Facebook. Anche questo era un dato che avevo preso sotto gamba, finché non ho scoperto lo stupore nei commenti della gente che ha guardato il suo concerto a Vienna da casa, dall’aeroporto, in una pausa di lavoro. Erano più di 2000 persone, perché è vero, nella sala c’erano 200 persone, ma nel mondo, grazie a Facebook, si sono collegati di notte e di mattina, con il caldo e con il freddo, e hanno guardato il concerto live in streaming sulla pagina di Francesco. E’ stata una sua idea, di Francesco. Gli organizzatori del concerto avevano preso la cosa alla leggera e poi sono rimasti stupiti di sapere che mentre le loro 200 persone erano lì, in diretta da tutto il mondo oltre 2000 persone commentavano, si complimentavano, volevano sapere dove sarebbe stato il prossimo. “Io ho visto Francesco arrivare all’aeroporto di Vienna” dicono alcuni. E altri che lo hanno visto suonare a Roma, in Sud America, in giro per l’Europa. Tutti con lo sguardo che seguiva la stessa traiettoria. Quella di una gru che è un po’ goffa a vederla camminare alla riva dell’acqua tra i giunchi mormoranti e le sponde sabbiose. E che invece ne seguono la traiettoria placida e planante a pelo dell’acqua scintillante di riflessi cristallini. Non lo prendi mai sul serio finché non vola.
(Foto di Emiliano Lembo, in basso l'articolo del 18/01/2016 de "Il Giornale di Latina")






venerdì 8 gennaio 2016

La puntata di Monitor su Paolo Censi ben oltre il plastico di Vespa

Egidio Fia (Lazio Tv)
Egidio Fia è uno storico giornalista televisivo di questo territorio. E’ un amico dello scrivente e spesso in molti abbiamo seguito, commentato, supportato e lodato il lavoro editoriale di Lazio Tv. Per esempio, la sua audace ricostruzione dei recenti fatti su "Don't Touch" è stata degna di lode, e molte altre. Onore alla sua professionalità quindi, che non a caso è ripagata da una lunga carriera.
Ma la puntata messa in piedi sulla drammatica morte di Paolo Censi, avvenuta l’antivigilia di questo Natale è uscita totalmente dai canoni della ragione. E per capire quanto si sia trattato di un momento degno di una puntata del “Caso Scafroglia” di Corrado Guzzanti, basta una immagine che vale per tutte.

La crudeltà dell'ovvio


Immagini da Monitor di Mercoledì 6 gennaio
Questa sarebbe la testa dell’avvocato Paolo Censi. 
Si tratta ovviamente di un manichino da esperti di balistica. Roba che si vede nei film in cui bisogna riprodurre la dinamica di un omicidio avvenuto da distanze incredibili o con traiettorie improbabili e che invece diventano crudelmente ovvie in un caso come il sospetto suicidio attraverso l’uso di un’arma da fuoco. Mercoledì scorso su Lazio Tv è andato in onda uno show curioso, nel quale si sono sentite tutte le ricostruzioni possibili sui fatti e si è dato fondo alla più grottesca retorica d’accatto nel tentativo di rendere digeribile una storia che, normalmente, ha bisogno di risvolti lampanti per divenire pubblica. Perché il dolore privato, il tormento del suicidio (se suicidio è stato) in genere viene lasciato ai parenti e agli amici. Ma qui, tra le ipotesi e le diagnosi volanti, le valutazioni per forza di cose  tristemente generiche sul perché un uomo da tutti apprezzato possa arrivare ad un simile gesto si è rimasti tramortiti. "Era una persona stimata da tutti - spiega l'esperta di psicologia chiamata in causa nella trasmissione - forse aveva una situazione che metteva a rischio la sua stimata posizione". 


Le ultime parole famose: "useremo i guanti bianchi"

La copertina con tristi musiche di sottofondo, il dolore dei parenti, lo stupore degli amici. E quella frase di Egidio Fia che inizia dicendo “purtroppo bisogna essere delicati in queste situazioni e noi la tratteremo con i guanti bianchi” per poi passare ad una tempesta di illazioni non può che stordire. “Sono stato il primo ad arrivare sul posto - ha detto Fia senza specificare il perché - subito, la prima voce che è arrivata, il primo messaggio che ho ricevuto sul telefonino parlava di omicidio”. E così, il primo messaggio da lui ricevuto nel suo telefono privato viene promosso sul campo ad agenzia stampa e onda popolare, “ma c’è molta omertà tra le conoscenze di Censi, forse qualcuno sa ma non parla”. Un vero anatema di Fia che lancia quasi come un messaggio traverso. 

Verso i plastici di Vespa e oltre...

L'esperto di balistica descrive la traiettoria del colpo
Ma il conduttore di Monitor cala l'asso e spunta la testa del manichino con la quale l’esperto di balistica spiega come il "proiettile abbia facilmente trapassato l’osso del cranio da parte a parte” descrivendo con lo sguardo il foro d’entrata e quello d'uscita come se fosse lì, proprio nello studio di Monitor che è avvenuto il fatto. Superato il confine del plastico di Bruno Vespa, si continua con una ridda di suggestioni: “la misteriosa Dama Bionda” evocazione questa degna di un giallo da bancarella, una donna dal ruolo imprecisato: “tutti si aspettano che essendo una donna conoscesse bene la vita privata di Censi, ma conosceva anche quella professionale". Questo perché, evidentemente, essendo comparsa sul campo "una dama" sarà forse un'amante, chi lo sa? Saranno gli inquirenti a decidere ma appare un tantinello prematuro buttarsi in questo delicato versante. 

L'intreccio di cause ovvero, molte più inchieste di quante se ne possano immaginare

Proiettili del calibro corrispondente a
quelli usati per il presunto suicidio
mostrati in studio
Una pistola come quella usata per il presunto suicidi.
Fia ne brandirà anche una riproduzione in diretta










E poi, i presunti intrecci con il mega faccendiere della Svizzera, il calcio, l’ex Presidente della squadra, i possibili debiti e anche “la rivelazione”: “Censi era diventato un giocatore d’azzardo e frequentava i casinò, e sapete - aggiunge Fia - nei casinò si incontrano i faccendieri, le donnine di serie A e anche molti guai”. Sarà vero? sarà rilevante? Un amico di Censi chiama in diretta e cerca di dissipare i dubbi: “Paolo, che frequentavo da sempre non ha mai messo piede in un casinò. Lo dico per tutelare la sua onorabilità e il tenore di questa trasmissione”. Potrebbe anche sbagliare l'amico, ma in ogni caso è stato un bel tentativo da parte dell’amico del presunto suicida. Ma il tenore della trasmissione era perduto da tempo. 

Dubbi legittimi e voglia di fare i fenomeni

Sia chiaro, su Censi si potrebbe già oggi scoprire qualcosa di clamoroso, che una delle tante ipotesi messe in campo dalla stampa in questi giorni si riveli fondata. Perché fino ad ora si è titolato con caratteri di scatola di misteriose telefonate e di retroscena terribili, da quegli stessi giornali che invece non hanno ritenuto di dover scavare nella vita professionale di candidati alla carica di sindaco nel recente passato. Delle due l’una: o queste “inchieste” farsa servono ai magistrati per far spaventare un eventuale colpevole oppure si sta facendo strazio del privato lutto di una famiglia. Se ci saranno sviluppi d’inchiesta che - inutile dirlo - tutti stanno monitorando, pare evidente che il caso Censi si dovrà seguire. Se gli inquirenti mostreranno sviluppi fondati saranno tutti lì a pubblicare della parte pubblica di un lutto, forse di un delitto (non si può ancora escludere al 100% da quel che abbiamo sentito). 
Ma cosa hanno dimostrato coloro che con tanta foga hanno cercato di “anticipare” gli inquirenti? La stampa veggente potrà fieramente affermare che “l’aveva detto”. 
Ma se così non fosse? Se davvero il caso di Censi si dovesse chiudere come un suicidio, così come ora appare probabile? Ne sarà  valsa la pena allora fare i fenomeni e inscenare un tale baccano  intorno al privato dolore di un privato cittadino?

mercoledì 6 gennaio 2016

"Altro che terrorismo, Renzi è peggio dell'Isis" la forconata di Calvani


Danilo Calvani 

Matteo Renzi
“Avete visto?” dice Calvani tutto soddisfatto. Ogni volta che la sua comunicazione riesce a bucare la coltre della foschia provinciale e finire sul nazionale per lui è una vittoria. E in effetti questa volta, minacciano niente di meno che l’Isis a colpi di forcone, il Movimento 9 Dicembre ha fatto un colpaccio. 
Vuoi per l’indiscutibile insita nel contenuto del filmato in cui si annuncia lotta dura, vuoi perché tutto sommato Calvani è sempre in grado, con il suo talento naturale, di risvegliare il fuoco dei suoi sostenitori - pochi o tanti che siano - ma il filmato in cui Calvani accusa la politica di connivenza storica con l’Isis ha fatto il giro del web ed è finito nelle più importanti testate italiane. “Sono particolaremnte contento del pezzo fatto da Il Giornale, di Sallusti, non me lo aspettavo così favorevole”. Ma il vero punto della comunicazione, come sempre, non è certo l’Isis. per Calvani il “nemico” è sempre lo stesso; “La politica” ed è su questo che punta. “Altro che terrorismo- dirà in questa intervista - la politica italiana è peggio dell’Isis”. 

Danilo Calvani, la vostra “bravata” sembra che abbia ottenuto il risultato ovvero, far parlare e anche molto del vostro movimento. Come funziona, vale il motto “purché se ne parli?”
No, il principio di certo è che il Movimento venga preso in considerazione ovviamente. Ma il nostro obiettivo è l’attacco a questa classe politica che ci deride. Usiamo gli stessi mezzi di comunicazione che usano loro per deviare l’attenzione della gente con i messaggi dell’Isis con i quali ci spaventano; e intanto truffano gli italiani e depredano il nostro paese. Io non sono nessuno, ma nella campagna elettorale americana è stato apertamente dichiarato che l’Isis è figlio della Cia, lo ha detto il candidato Repubblicano alle primarie Donald Trump. Lo ha detto lui, che ha aggiunto che dietro l’Isis c’è Obama e la Clinton. Io non so se è vero, ma dietro questi quattro beduini (senza offese per i beduini ovviamente) è difficile pensare che ci siano forze oscure in grado di mettere in ginocchio il mondo. Qualcosa non quadra, perché l'America ha spazzato via Saddam e Gheddafi, hanno fatto guerre ovunque e adesso hanno paura di quattro buffoni mascherati? Mi sembra poco credibile come cosa. Il nostro messaggio era positivo, noi siamo uniti e compatti contro qualsiasi aggressione. Mica ci possiamo affidare ad Alfano e Renzi, ma li avete visti in faccia? 

Ma avete ricevuto delle minacce per questo vostro gesto? 
Sì, domani le pubblichiamo tutte, ma da quei paesi là abbiamo ricevuto delle minacce, non so di preciso, mi pare di aver capito che vengano dalla Siria, so che hanno fatto girare il video in quei paesi e molti si sono arrabbiati. Ma a noi non ci frega niente, gli rispondiamo sempre con i forconi in pugno
 Molti giornali italiani hanno parlato di voi. E di sicuro in molti vi sostengono. Ma vi rendete conto che c’è anche molto trash virale dietro il successo di questa campagna? 
Noi non abbiamo fatto una cosa per mettere paura, e condivido che la comunicazione forte fa più successo, mi pare normale. Ma io credo che in molti si sono pure messi paura per il nostro coraggio. Ma gli italiani devono capire che delle bugie di questa classe politica con le loro bugie con le false informazioni non devono mettere paura alle persone perbene. I forconi non sono puntati solo contro l’Isis, ma pure contro Renzi e contro tutta la classe politica ladra e bugiarda. 
Lei sarebbe disposto ad andare in guerra contro l’Isis? 
Assolutamente sì, io per il mio paese do la mia vita e credo che la maggior parte degli italiani la pensi così. Io vorrei svegliare l’amor patrio non solo contro l’Isis. Ma guardiamo al vero nemico; chi se lo fila l’Isis. La Classe politica è peggio dell’Isis, perché loro fanno suicidare le persone, loro li mettono sul lastrico, loro stanno rovinando il paese. Renzi e Alfano, basta guardarli in faccia, sono molto peggio dell’Isis. Io una forconata metaforica a Renzi gliela darei volentieri. Siamo nati per questo. 
Lei come lo risolverebbe il problema dell’Isis e dell’immigrazione clandestina? 
Io applicherei le leggi dei paesi civili come succede in Inghilterra, Australia e gli stessi Stati Uniti. Ma non si può non aiutare le persone in emergenza umanitaria, mi rendo conto. Però sembra che noi siamo l’unico porto al mondo, ormai è una invasione, si aiutano gli immigrati e gli italiani no. L’invasione si ferma con la legge, una legge forte e perentoria. La cosiddetta tolleranza è solo un buonismo valido per sfruttare gli schiavi come è successo in Mafia Capitale. 

lunedì 4 gennaio 2016

Problemi di Isis? Ci pensano i Forconi!




C’è un’immagine evocativa e particolarmente eloquente alla base della storia che vi stiamo per raccontare. 

Si vede un uomo con oscuri occhiali da Terminator che invece di brandire un fucile a pompa come il personaggio cult della pellicola, brandisce con aria fredda e intimidatoria un forcone, proprio uno di quelli che si usano per il fieno. Sta fermo immobile eppure sembra pronto all’attacco in difesa del patrio suolo. Dall’altra parte della telecamera, idealmente c’è, come insidia da estirpare letteralmente a colpi di forconi niente di meno che l’Isis. Provate ad immaginare la faccia dello sceicco nero del Daesh che, nei suoi piani di conquista del globo, si dovesse trovare come solenne ostacolo questo determinato signore armato di forcone e dallo sguardo velato da oscure lenti. Appare come una immagine incredibile, eppure è proprio questa l’evocazione creata dal “Movimento 9 Dicembre” per il suo ultimo capolavoro di propaganda e di comicità involontaria. Prima partono le inquietanti immagini delle stragi terroristiche di questi ultimi tempi, le esplosioni, i colpi di mitra. E poi, una sfilata di auto Toyota con a bordo la soldataglia in nero dell’Isis. Un montaggio che ispira inquietudine e soggezione. Ma non per gli eroici Forconi e per il loro leader indiscusso: Danilo Calvani. Parte l’immancabile musica da Piazza Rossa e, dopo il suono di un trattore che si accende sbuffando fumo nero dallo scarico, parte il discorso di Danilo Calvani:

Siamo italiani – afferma Calvani nel video, e come dimenticarlo – siamo quelli del 9 Dicembre Forconi. Volevo lanciare un messaggio a questo assassini dell’Isis. Non pensate di avere a che fare con i soliti politici traditori della nostra patria, corrotti, collusi che vi hanno ospitato e vi stanno nascondendo. Noi non metteremo a repentaglio la sicurezza delle nostre famiglie, come cita la nostra Costituzione, abbiamo il dovere di difendere la nostra Patria. Noi non stiamo scherzando – minaccia Calvani direttamente rivolto all’Isis – avrete a che fare con le nostre forze armate e con i cittadini italiani. Avrete a che fare con noi Forconi del 9 Dicembre. E adesso vi facciamo vedere cosa vi succederà se oserete fare quello che minacciate di fare nel nostro paese, attenzione noi, non scherziamo”.

 E a seguito di questo annuncio, uno dei personaggi che stavano sullo sfondo estrae una bandiera nera dell’Isis (di carta) e la stende su una griglia di ferro. Poi un paio di “forconi” cercano di dare fuoco al simbolo, senza troppo successo. Gli assestano anche dei simbolici colpi di forcone che si vanno a conficcare nella ringhiera, il tutto sempre con la solenne musica corale in sottofondo. Ma dopo un’azione lenta (per non dire statica) e un imbarazzante silenzio, finalmente si riesce ad ottenere un’immagine evocativa quando finalmente il vessillo è bruciato e trafitto dal forcone. E così si conclude una delle più allucinate fantasie di Danilo Calvani e dei Forconi tutti, che lancia un messaggio ringalluzzente per chi ci crede e oltre i confini del ridicolo per tutti gli altri. Del resto, si sa, a casa Calvani “non si fanno prigionieri” e probabilmente nello sterminio selettivo dei concetti e delle modalità da campagna elettorale è passato tra le vittime della rivoluzione che parte da Pontinia, anche il buon senso. Anche il buon gusto, del resto, resta tra gli eterni dispersi della guerra comunicativa dei movimenti populisti che scaldano i motori – e non solo dei trattori – delle loro macchine elettorali.