sabato 25 luglio 2015

Enrico Forte obbligato a gridare "all in"


Enrico Forte in versione pokerista (immagine del Giornale di Latina) 




Giorni fa, si è tenuto un incontro nel quale erano presenti nomi grossi della nomenclatura di sinistra del Partito democratico, tra i quali Massimo Passamonti o Titta Giorgi. Protagonista di questo incontro riservato, in una elegante serata al “Foro Appio” era Enrico Maria Forte, classe 1960 nato a Priverno, separato e con una figlia di circa 19 anni alla quale dimostra di essere particolarmente attaccato. Il giorno del suo successo di voti che lo ha portato in consiglio regionale con 12.392 voti – appena 81 in più del suo diretto rivale interno Giorgio De Marchis – dichiarava infatti alla stampa che gli chiedeva del suo futuro: “il mio futuro? Per ora penso che festeggerò insieme a mia figlia con una bella cena”. Una delle poche esternazioni spontanee di questo personaggio della politica pontina molto prudente nelle dichiarazioni. In questo incontro con il gotha della sinistra moderata della Provincia di Latina Forte sembra abbia disegnato definitivamente la sua traiettoria che lo spinge diretto alla corsa alle primarie del partito per poi concorrere al posto di sindaco.
Se il senatore Moscardelli in queste elezioni ha molto da perdere in termini di presa sul partito provinciale (può definitivamente perdere il dominio in caso di una sconfitta della sua linea alle primarie), Enrico Forte invece, sembra percorre un cammino obbligato che lo conduce alla guerra. O Forte sarà capace di reperire le risorse per contrastare Moscardelli oppure può pure dire addio alla sua carriera politica non appena scadrà il suo mandato da consigliere regionale, quindi deve fare “all in” e rischiare il tutto e per tutto. Per capire come, questa situazione si sia venuta a generare è bene guardare indietro, nel passato di Forte. Fin da ragazzino, Forte si occupava attivamente di politica. E nella politica che conta Enrico Forte c’è dentro fin dalla prima Repubblica, assessore del sindaco Romagnoli e poi dell’esperienza con Maurizio Mansutti. “Quella fu la mia esperienza più esaltante – ha detto un giorno – volevamo davvero cambiare la politica”. E di mala politica Forte parla spesso, con parole dure, quando accusava tutti gli assessori ai servizi sociali a partire da Cirilli fino ad arrivare ai giorni nostri, di aver utilizzato il loro ruolo per aumentare i loro consensi “approfittando dell’incarico che li metteva a contatto con le fasce più deboli per fare incetta di voti”. Un ruolo, quello dell’assessore, che Forte ha conosciuto fino alla fine dell’esperienza Mansutti e su cui ha fondato uno dei suoi argomenti sensibili. In seguito entrerà in un’altra pubblica amministrazione, questa volta come dipendente. E sulla cultura e l’istruzione, da allora, ha sempre puntato come “volano di sviluppo”. Un altro momento importante della sua carriera arriva quando diventa vicepresidente dell’Ater con Claudio Lecce presidente. Membro dei Cristianosociali, Forte diventerà anche un battagliero segretario provinciale dei Ds. In quello stesso periodo, Moscardelli è in forte ascesa, mentre Forte è una pedina di mezzo ambiziosa e promettente, ma non troppo fortunata, perché non trova spazio nella politica di prima linea. Sarebbe stato Claudio Lecce – oggi suo personalissimo saggio, che lo appoggia sempre – a spingere Moscardelli a rimetterlo in pista nella politica con un ruolo di coordinamento. Moscardelli accetta, ed insieme ad altri lo fanno diventare segretario provinciale del Pd, in chiave critica verso i vecchi compagni dei Ds, che sono in molti casi contro Moscardelli.
Enrico Forte e Claudio Moscardelli 
E Forte diventa un moscardelliano di ferro, moderato e capace di essere di grande supporto. E’ sempre Moscardelli che lo candida consigliere regionale, tirando la sua volata con molto impegno, probabilmente in chiave opposta alla candidatura di Giorgio De Marchis. Ma già dalla campagna elettorale, Forte cambia musica ed entra in attrito – non si sa bene perché – con Moscardelli. Ed una volta diventato consigliere regionale i rapporti si surriscaldano ulteriormente. Come consigliere regionale si è caratterizzato per la sua durezza nei confronti di alcune società partecipate, come l’agenzia “Formazione Lavoro”, che è stato uno dei suoi bersagli polemici preferiti. Ma non tutte le partecipate sono nella sua black list, perché da consigliere regionale ha speso ottime parole ed azioni per la “Compagnia dei Lepini”, addirittura con un emendamento al bilancio 2014 – emendamento bocciato – che toglieva 200 mila euro ad un progetto nell’ambito dell’università (un progetto senza futuro secondo Forte), per farli assegnare alla partecipata lepina. Nel Pd di Latina viene visto come l’unica alternativa a Moscardelli, e tra gli ex consiglieri vanta diversi fedelissimi, come De Amicis, Fioravante o Porcari e, un po’ a corrente alternata, anche la simpatia di Rosa Giancola, consigliere regionale che a volte gli dichiara eterno amore – politicamente s’intende – ed altri invece si ritrae. In Claudio Lecce, lo abbiamo visto, depone molta fiducia come anche, in ambito provinciale, può contare su molti sostenitori, come si è potuto vedere nella questione di Priverno dove veniva sfiduciato - dopo appena un anno di governo -  Delogu. La giunta era di centrosinistra e si dice che ad organizzare tutto sia stato Enrico Forte che ovviamente nega. Anche perché in altri sostengono che il regista occulto di quella storia sia stato un altro che nell’entourage di Enrico Forte avrebbe un certo peso: Antonio Sulpizi, architetto, socialista,  personaggio di media grandezza nel periodo tangentopoli, arrestato per la cosiddetta storia dell’appaltone insieme a mezza Dc pontina (con contorno di socialisti ovviamente)  che vide coinvolti politici, tecnici ed amministratori, quasi tutti (come lo stesso Sulpizi)  assolti, prescritti o patteggiati. Nel suo caso fu prescrizione con l’obbligo però di risarcire più di 200 mila euro. Sarebbe stato lui, secondo alcuni, il regista occulto della trama che è costata la fascia a Delogu e che ha quasi spezzato il Partito democratico. Alla fine Enrico Forte, visto che era in minoranza sul commissariamento del partito, ha votato la mozione dell’arcinemico Moscardelli mentre tutti i suoi votavano contro. “Non volevo che ci fossero perdenti in questa votazione” pare abbia detto dal fondo della sala della riunione. . Tra Moscardelli e Forte, quindi, non esiste un divario generazionale, né tantomeno una contesa ideologica. Esiste molto probabilmente una rivalità quasi dettata dall’istinto di sopravvivenza. Ed Enrico Forte deve aver capito che dopo il primo mandato da consigliere regionale non avrebbe trovato i voti di Moscardelli a riconfermarlo. Per lui, la campagna da sindaco, oltre che una legittima aspirazione personale, potrebbe anche essere l’unico modo per darsi una continuità politica con il ruolo da sindaco, oppure tirarsi la volata per alzare il prezzo politico del suo ritiro, in una eventuale ricomposizione. O un rilancio dove si gioca tutto o un bluff da campionato mondiale. In ogni caso, Enrico Forte deve essere pronto a giocarsi tutto, perché a differenza di Moscardelli, sembra non avere quasi più niente da perdere. 

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