mercoledì 29 luglio 2015

La strategia a perdere ovvero, Pd a caccia del voto moderato



L'abbraccio tra Tiero e Moscardelli

Provate un po’ ad immaginare l’incontenibile entusiasmo degli elettori del Pd – quelli che, tanto per dirne una, hanno partecipato numerosi alla festa democratica – quando apprenderanno che il grande piano di vittoria della sponda moscardelliana è quello di ricalcare le politiche nazionali in merito alle alleanze imbarcando Ncd.  Un Pd pontino, insomma, dai costumi e le fattezze della corte nazionale del governo renziano. L’evoluzione della Dc vecchio stile in salsa sociale condita a Roma da Alfano e che, in una vera slavina emotiva, arriva da Montecitorio precipitando sulla pianura pontino con il ticket Tiero. Con un siffatto piano è difficile immaginare che la “ola” di consensi elettorali parta da sinistra. Enrico Tiero, una vita nel centrodestra pontino, nel pieno della Forza Italia targata Fazzone, con il quale è entrato in attrito, da quel che si sa, per motivi di candidature ritirate alle regionali.  Infaticabile uomo di lotta e di trattativa, capace di stare con un piede in Provincia  in polemica alleanza con il neo presidente Della Penna e del Pd e con un altro, assessore e vice-sindaco di Giovanni Di Giorgi nel suo ultimo, comico rimpasto. Un uomo di entropia e di calcolo, autentico scienziato del flusso di voti locali. Al suo fianco per “supportare” il Pd locale, la giovane Patrizia Fanti, ex assessore all’ambiente e al sociale delle giunte di Zaccheo, arrivata fino a Di Giorgi ma defenestrata per una curiosa lite con una dirigente comunale alla quale avrebbe cambiato la serratura di una stanza impedendo alla funzionaria di entrare nel proprio ufficio. Più che una chiave di volta, insomma, è una solida “serratura”, capace certamente di raccogliere dei consensi assicurati in aree estremamente specifiche dell’elettorato, ma anche di annichilire la sensazione di un qualsivoglia intento innovatore. Del resto, dalla sponda moscardelliana, candidato sindaco a parte, non c’è molto da stare allegri fronte rinnovamento, visto che la maggior parte degli esponenti del Pd si portano almeno due mandati sulle spalle (quando sono giovani virgulti). Il pallino fisso di Moscardelli per ora è il “candidato esterno”. Uno dei requisiti per questo candidato sarebbe appunto quello di essere “percepito” come esterno al partito, quindi della società civile. Cercasi uomo moderato, che indossi gli occhiali e assomigli se non fisicamente, quantomeno spiritualmente all’ideale moscardelliano della politica. Quasi tutti questi requisiti sono pienamente rispettati dall’ottimo Francesco Damiani, eletto a suo candidato ideale per le primarie. Damiani rispetta senz’altro queste necessità alla lettera e in più, è un dirigente bancario di buon livello della Deutsche Bank, che almeno nell’immaginario collettivo, fa pensare a qualcuno che non avrà difficoltà a reperire fondi per la campagna elettorale. Gli mancano due requisiti fondamentali però. In primo luogo,  non è affatto un candidato “esterno” al Pd così come viene descritto, in quanto dirigente della segreteria provinciale del partito, moscardelliano di ferro, intimo di tutte le correnti attivate negli anni dall’amico senatore.   Inoltre, difficilmente può a ver giocato a favore del bancario e dirigente di pallanuoto più in voga del momento la capacità di raccogliere consenso, visto che l’ultima volta che si è, non senza sforzi, cimentato ad ottenere il consenso degli elettori pontini è stato con la lista “Sì per Latina”, che appoggiava Moscardelli e nella quale Damiani era tra i candidati più quotati. Il nostro però, purtroppo non è stato eletto, ed al suo posto è asceso in consiglio comunale un giovane politico ecosostenibile, che in un solo mandato ha saputo passare dalla sua lista civica , attraversando un moderatissimo percorso che lo ha condotto fino a Fratelli d’Italia: Maurizio Patarini. Passato dalla cultura dello “smart city” alla proclamazione del Duce come “colui che ha fatto gli italiani”. Niente male per uno che, in uno dei suoi ultimi discorsi in consiglio comunale, ha asserito che il Pd “è venuto a chiedermi la candidatura solo per avere i settanta voti della mia famiglia”. Poi dicono che non ci sono più le famiglie numerose. Per inciso,  Patarini è stato visto cenare alla festa del Pd e sembrava di ottimo umore. Sarà stato per l’ottima cucina ma stai a vedere che tra Tieri, Fanti e re, possiamo completare la scacchiera democratica anche con un alfiere Patarini? I voti di famiglia possono sempre fare comodo, come è noto, mentre l’entusiasmo degli elettori del Pd non potrà che moltiplicarsi nell’apprendere che il vero piano non è quello di avere i voti già idealmente “fidelizzati” del Pd, ma di ottenere quelli dei delusi di Forza Italia e dei moderati in salsa democristiana. Una strategia di “vittoria” attenta, coraggiosa e spregiudicata, che sembra voler sacrificare tutto sull’altare del consenso, perfino il consenso stesso. Il tutto per ricalcare le politiche nazionali renziane come se il contesto fosse lo stesso. A proposito, è notizia di ieri che Casini avrebbe scaricato Berlusconi asserendo che “E’ Renzi il domani”. Udc, in cerca di alleanze “a sinistra”. Seguono scene di giubilo.





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