sabato 26 settembre 2015

E se Lollo non fosse il solo?


Il tribunale di Latina 


Eppure, a ben guardare, in questo scandalo del giudice Lollo sembra che qualcosa manchi all'appello. A ben guardare, avvocati, clienti, forze dell'ordine e normali cittadini hanno tutti una storia di malagiustizia da raccontare. E se Lollo è la degenerazione di un sistema, appare ovvio che è difficile che sia l'eccezione che conferma la regola, soprattutto là dove la regola dovrebbe essere quella di una magistratura pulita, ordinata, efficiente. Ovviamente, la maggior parte dei giudici, degli avvocati, dei cancellieri e di coloro che operano presso il tribunale, non sono sospettabili di avere “giri strani”. Ma vediamolo con gli occhi di ieri, questo “impero” con tanto di sudditi, di scudieri e di nobili che sembra abbia tirato su il giudice Lollo. Proviamo ad immaginarci solo qualche anno fa, mentre stendevamo anche solo una sottile ombra sull'operato del tribunale e della sezione fallimentare. Quali risposte avremmo ricevuto? E soprattutto, che epiteti ci avrebbero indirizzato i difensori ad oltranza dell'indipendenza della magistratura? La suddetta indipendenza, di fatto, si è allargata a dismisura negli ultimi vent'anni grazie alla presenza di un personaggio ingombrante come Berlusconi, che ha attaccato frontalmente i giudici che volevano processarlo, esasperando a tal punto il dibattito politico nazionale da rendere impossibile qualsiasi critica o controllo nei confronti dei togati, senza che essa venga scambiato per un attacco alla loro indipendenza. Se si unisce questo fatto - che ha come conseguenza che ad ogni livello politico/istituzionale, solo i magistrati e i giudici e uomini di legge possano opinare liberamente della questione Giustizia - all'incredibile ingolfamento della macchina giustizia, che ormai ci ha reso un paese con un livello di ingiustizia che supera quelli di molti paesi in via di sviluppo, allora si capisce che non occorrono casi eclatanti come quelli di Lollo per capire che molte cose possono celarsi dentro un simile marasma.
Il giudice Lollo
“Un giudice – diceva un magistrato d'altri tempi -non può e non deve essere un protagonista occulto dei cambiamenti sociali e politici. L'indipendenza del giudice non è solo nella propria coscienza, nell'incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio, nella credibilità che è riuscito a conquistarsi con le sue decisioni. L'indipendenza del giudice è anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta dentro e fuori delle mura del suo ufficio. Solo se un giudice realizza in sé stesso queste condizioni, la società può accettare ch'egli abbia sugli altri un potere così grande come quello che ha”. E come può un sistema talmente ingolfato e distante dai problemi della gente e dal loro bisogno di giustizia, impegnato a processare un contraffattore di occhiali per anni, in un processo con periti, testimoni, avvocati e che va avanti magari dal 2008, rispondere, con questa mole di lavoro e questi pochi mezzi ai criteri di trasparenza che sono richiesti per esercitare un così grande potere? E quanti piccoli e grandi “Lollo” sono sempre stati e saranno sempre attivi, protetti dalle vesti da magistrato? Chi poteva dubitare pubblicamente della moralità e della condotta di un giudice Lollo solo pochi anni fa? A pretendere tanto dai giudici non era un pericoloso liberale, un radicale, un berlusconiano o un “servo” della mafia, un “connivente” come si suol dire. Era un giudice morto giovanissimo, un servo dello Stato che lo Stato non è riuscito a salvare dalla vendetta della malavita. Quel magistrato era Rosario Angelo Livatino, morto il 21 settembre del 1990, pochi giorni fa era il 25 esimo anniversario della sua morte. E' morto ammazzato a 37 anni, oggi ne avrebbe 63, e - a ben guardare - difficilmente quello che è oggi la magistratura meriterebbe la sua approvazione.

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